IL TRIANGOLO SI!
Ovvero, come realizzare un’antenna delta loop a singolo elemento per la banda CB, altrimenti nota come “11 metri”
In questo mio articoletto, scritto da un neofita per altri neofiti, ho inteso proporre qualche consiglio riguardo alla realizzazione di questo tipo di antenna, che lascia all’esperto radioamatore o al bricoleur in erba che intende replicare il progetto proposto un relativamente ampio margine di scelta sui criteri costruttivi da adottare in fase di progettazione e realizzazione. Premetto che non sono un radioamatore ma solo un appassionato che ha scoperto da poco i ricetrasmettitori e la banda CB, ho installato sul tetto un’antenna verticale la quale mi garantisce buoni collegamenti con gran parte dell’Europa e in certe giornate di buona propagazione anche con qualche stazione dell’America Meridionale, mentre difficilmente riesco a conversare con altri appassionati “vicini”, sia nella mia zona (Toscana, provincia di Pisa) che in tutta Italia. Prima di montare la verticale sul tetto e cominciare a trasmettere a mia volta, avevo installato un dipolo inclinato in giardino: abitando in una zona leggermente sopraelevata rispetto all’ambiente circostante, riuscivo a ricevere molto bene sul mio President Grant i segnali di trasmettitori relativamente vicini, sia di autotrasportatori in barra mobile che passavano lì vicino che di stazioni fisse di altri appassionati. Quando mi sono deciso a sostituire l’accrocchio con una più degna verticale lunga 5/8 d’onda con induttanza a “mollone” alla base per l’accordatura e radiali-piani di terra lunghi 1/4 d’onda, la mia soddisfazione è stata grande nel sentire così frequentate le frequenze della banda alta, perdonatemi il gioco di parole, mentre mi sono accorto che i canali della vera e propria CB, ovvero quelli della banda centrale del mio President, rimangono pressochè muti sotto la supremazia dell’onnipresente QRM, costellato da qualche sblatero incomprensibile da parte dei soliti camionisti con lineari presi per un orecchio e portati oltre i loro limiti, che generano segnali RF in grado di far segnare al signal-meter anche un S6 sui canali adiacenti a quelli su cui trasmettono, senza riuscire tuttavia a portare una modulazione decente e comprensibile. Per il resto riesco solo a ricevere operatori di Spagna, Francia e talvolta Germania che trasmettono sulle frequenze cittadine per parlare con loro connazionali ma arrivano fino alla mia postazione. Paradossalmente riesco meglio a ricevere e farmi ricevere dai più lontani che dai più vicini, a mio avviso non tanto per una poco ortodossa accordatura dell’antenna, quanto per la sua posizione forse troppo elevata rispetto ai segnali più vicini.
Amando i collegamenti a lunga distanza ma ritenendo importante anche qualche chiaccherata con “CBers” della zona, ho deciso di costruire un’altra antenna, da utilizzare sulla parte medio-alta della CB per ricevere e trasmettere con altri aficionados delle province limitrofe o, comunque, non troppo lontani. Ho cercato su Internet ed ho trovato molto materiale, soprattutto in inglese, inerente l’autocostruzione di antenne di ogni genere. Molti dei progetti trovati però proponevano realizzazioni che o non erano alla mia altezza o non offrivano le soluzioni giuste ai miei problemi. Inoltre, purtroppo, molto del materiale on-line manca di dati essenziali per la costruzione, oppure elenca componenti o parti difficilmente reperibili nei negozi della mia zona o impossibili da costruire senza particolari utensili di cui non tutti hanno la fortuna di disporre. Mettendo insieme informazioni trovate su WIkipedia ma soprattutto su siti e blog di radioamatori e appassionati sperimentatori d’Italia ma soprattutto americani e inglesi, tedeschi e dell’Est Europa, sono riuscito a gettare le basi per la progettazione di ciò che mi accingo a descrivere, ovvero un’antenna delta-loop per la banda cittadina, altrimenti detta Citizen Band e per le frequenze poco superiori alle quali si può comunque accedere con apparati che in Italia, è bene ricordarlo, non sono omologati.
L’antenna delta loop che ho realizzato può essere costruita con materiali facilmente reperibili presso qualunque centro per il bricolage o anche in qualsiasi ferramenta ben fornito. Tranne un’unico pezzo che mi sono dovuto far saldare da terzi, ho cercato di progettare la mia antenna in maniera che tutti siano in grado di replicarne la costruzione, utilizzando materiali disponibili un po’ dappertutto.
Un po’ di teoria
L’antenna delta loop deve il suo nome alla forma, che salta subito all’occhio: l’elemento radiante è costituito da una spira chiusa avente la caratteristica forma triangolare, a delta appunto.
I tre segmenti, ovvero i lati del triangolo che costituisce l’elemento radiante e che tra loro formano tre angoli generalmente di ampiezza identica, devono essere lunghi un terzo della lunghezza d’onda su cui si intende far lavorare la nostra antenna; in altre parole il perimetro del loop triangolare che andremo a costruire corrisponde all’intera lunghezza d’onda della frequenza che ci interessa.
La posizione dell’elemento radiante (la spira triangolare) rispetto al suolo è fondamentale per la polarizzazione, così come anche il punto di alimentazione. Un'antenna delta loop concepita per polarizzazioni verticali, nella maggior parte dei casi si caratterizzerà per avere la base del “delta” parallela al suolo, un vertice verso l’alto e l’innesto (o il prelievo) del segnale RF tramite discesa in coassiale su uno dei due lati obliqui, solitamente alla distanza di un quarto d’onda dal vertice che “punta” verso l’alto.
Un’antenna della medesima tipologia ma configurata per una polarizzazione orizzontale avrà invece il vertice verso il basso e il lato parallelo al suolo verso l’alto: per la polarizzazione orizzontale il segnale RF arriva o scende dal coassiale raccordato all’elemento radiante al vertice inferiore del nostro delta.
Questo tipo di antenna si contraddistingue per il basso livello di rumore in ricezione, oltre che per una leggera direttività sul piano del triangolo che costituisce l’elemento radiante: in parole povere è più direttiva di “fronte” che non di “lato”, considerando come fronte il piano ideale perpendicolare a quello su cui giacciono i lati del triangolo. Il guadagno varia a seconda dei criteri costruttivi e dalla tipologia di polarizzazione adottata: in generale, in una delta loop monoelemento (si possono anche montare accostati più loop, in questo caso uno o più loop hanno la funzione di riflettori mentre uno è il vero e proprio elemento radiante) il guadagno è solitamente inferiore a una buona verticale ma superiore a quello del dipolo ideale.
L’antenna delta loop elettricamente è in cortocircuito, mentre ha un’impedenza che può variare da circa 100 Ohm fino a 130/140 Ohm nei confronti del segnale RF. Questa caratteristica, soprattutto in trasmissione, appare incompatibile per la maggior parte dei ricetrasmettitori, sia per CB che per bande radioamatoriali, solitamente progettati per lavorare con un impedenza d’uscita (il carico dei finali) di soli 50 Ohm. Per ovviare a questo inconveniente si può adoperare un adattatore di impedenza, un balun opportunamente calcolato che oltre a mediare tra l’uscita sbilanciata della ricetrasmittente e l’ingresso simmetrico dell’antenna vada a modificarne anche l’impedenza risultante, un accordatore o più semplicemente uno spezzone di cavo coassiale avente un’impedenza di 75Ohm, di un’estremità sarà collegata all’antenna, l’altra al comune coassiale da 50Ohm che farà capo al connettore della nostra bella radio in stazione.
Il centrale del coassiale deve essere saldato ad un capo della spira triangolare, la calza all’altro capo, l’ordine è indifferente, l’importante è ricordarsi di collegare la calza schermo del coassiale anche alla struttura metallica che costituisce il supporto dell’antenna.
Per ricavare le varie dimensioni da rispettare in fase di costruzioni, mi sono avvalso di poche semplici formule che forse faranno arricciare il naso degli esperti di RF, formule che, per semplici e “scarnificate” che siano, hanno portato comunque ad un risultato funzionante e dunque soddisfacente.
Calcolando approssimativamente un tetto alla banda di frequenze su cui si intende operare, nel mio caso 27400KHz, ho trovato la lunghezza d’onda della frequenza in oggetto dividendo la velocità di propagazione approssimata della RF nel vuoto per la frequenza massima su cui intendo lavorare, convertita in KHz
300’000 Km/s : 27400 KHz = 10,94 m
Dividendo la lunghezza d’onda per il numero dei lati ottengo la lunghezza di ogni lato del triangolo equilatero
10,94 m : 3 = 3,64 m
Calcolando un quarto della lunghezza d’onda, ottengo la lunghezza del coassiale a 75Ohm che andrà a ricoprire il ruolo di adattatore di impedenza.
10,94 m : 4 = 2,73 m
Nel passare dalla teoria alla pratica si incontrano le maggiori difficoltà: tradurre i risultati ottenuti con le semplici formule di cui sopra nella costruzione vera e propria, compatibilmente con i materiali che possiamo trovare nei negozi della nostra zona, con il budget a disposizione e, da ultimo ma non per ultimo le nostre capacità manuali e gli attrezzi a disposizione, spesso mette di fronte a tutte quelle difficoltà e quegli inghippi che nella fase di contemplazione dell’idea assoluta di antenna il nostro ego si era rifiutato di riconoscere e considerare ma che adesso il progetto su carta mostra senza pietà. Una volta calcolate le dimensioni che dovrà avere l’antenna, io stesso per un attimo sono rimasto spiazzato di fronte alla prospettiva di costruire da solo il mio primo sistema d’aereo home-made, visto che dispongo di una verticale 5/8 d’onda che però ho solo assemblato e provveduto a far montare sul tetto, non certo progettato e costruito. Una realizzazione che svetta a qualche metro da terra, in grado di resistere al vento e alle intemperie, oltre ovviamente a funzionare decentemente per l’utilizzo previsto, mi spaventava quasi. Cercando in Internet ho scoperto che le antenne delta loop vengono costruite dagli amatori nella maggior parte dei casi in tre modi: con dei comuni cavi da impianti di lunghezze calcolate, completamente appesi a tiranti e sospensioni di materiale isolante e collegati opportunamente, con strutture portanti di elementi profilati di alluminio oppure con canne da pesca fissate a V alle estremità, modificate e rese atte a sorreggere un semplice cavo da impianto per ottenere la spira dalla forma triangolare.
Fin da subito ho optato per la terza soluzione, in quanto mi sembrava il miglior compromesso tra stabilità e difficoltà di realizzazione: volevo una struttura autoportante che si potesse realizzare senza troppa spesa e con materiali facilmente reperibili. Per cominciare ho disegnato un abbozzo di una staffa di metallo da fissare a un palo di sostegno, alla quale assicurare i due supporti semirigidi che hanno il compito di portare in alto e sorreggere il conduttore vero e proprio, ossia la spira radiante. Ho progettato una staffa di larghezza 25 cm x 20 cm di lamiera di acciaio da 2 mm di spessore, piegata a 90 gradi a 5 cm dall’estremità più stretta, per conferire maggiore solidità contro le possibili flessioni sotto la forza del vento applicata da particolari angolazioni. A questa staffa ho fatto saldare due tubi anch’essi in acciaio, di diametro interno 26 mm e lunghezza di 30 cm, avvicinati alle estremità inferiori a formare una V con angolo di 60 gradi. Ho quindi fatto realizzare la staffa da un’officina di fabbri ai quali usiamo rivolgerci ormai da molto tempo per lavori piccoli e grandi: specificando le dimensioni dell’oggetto finito e il materiale che doveva essere robusto e resistente agli agenti atmosferici, i bravi artigiani mi hanno realizzato in poco tempo e con poca spesa il lavorato su misura. È essenziale la robustezza di questa staffa, in quanto è il cuore della intera struttura: con leve poco vantaggiose deve sostenere due canne da pesca lunghe 3,64 metri e soggette alla forza che il vento (quando tira) esercita sulla loro superficie, oltre che al loro peso sommato a quello del conduttore che le attraversa nella salita ed esce all’estremità rastremata a formare il terzo lato del triangolo. In un progetto all’insegna della replicabilità potrebbe apparire contestabile l’impiego di un manufatto saldato ed eventualmente da far realizzare a terzi, ma bisogna considerare che una staffa come quella descritta è facilmente riproducibile da chi ha a disposizione una saldatrice elettrica, qualche scarto di carpenteria metallica e un po’ di dimestichezza nella saldatura ad arco: in parole povere, a mio avviso rimane senz’altro più “replicabile” una staffa dalle caratteristiche e dalle dimensioni definite rispetto a qualche mirabolante supporto realizzato con materiali particolari e senz’altro meno reperibili rispetto a della lamiera e degli spezzoni di tubo di ferro o di acciaio. Su Internet ho visto piastre in teflon, supporti cannibalizzati ad apparecchiature varie e altri svariati materiali reperibili chissà dove. Ad ogni modo, il lettore che si accinge a replicare la realizzazione qui proposta è libero di ricorrere alla propria fantasia e ai materiali che ha a disposizione, purchè siano abbastanza robusti per il ruolo che andrà a ricoprire. Prima di acquistare due canne telescopiche in vetroresina semplici, senza anelli ne portamulinello, per realizzare i due supporti dell’elemento radiante vero e poprio ho provato ad utilizzare due coppie di tubi di PVC da impianti lunghi 2 metri l’uno ed inseriti per una breve lunghezza uno dentro l’altro, a raggiungere gli agognati 3,64 metri: l’idea si è rivelata un fallimento, i supporti ottenuti in questo modo collassavano flettendosi sotto al proprio peso, dando origine ad ogni forma sgangherata immaginabile tranne che a un delta.
La canna da pesca è invece un’ottima soluzione per questo tipo di antenna: la fibra di vetro, il materiale che è alla base delle varie sezioni telescopiche rastremate che formano la canna vera e propria, è molto leggera, isolante, ininfluente per la corretta propagazione della radiofrequenza e ha un costo relativamente basso. Si riesce a lavorare abbastanza facilmente, se si seguono certi accorgimenti soprattutto in fase di taglio, come evitare di finire a mano il lavoro della sega, nella tentazione di spezzare gli ultimi millimetri che uniscono due pezzi segati. Se dei pezzi di fibra di vetro tendono a distaccarsi dall’agglomerato che costituisce il tubo, sfaldandosi o sfogliandosi, c’è una perdita complessiva di robustezza che si traduce in un alto rischio di schianti o rotture ulteriori nella zona precentemente indebolita. Per evitare questo spiacevole inconveniente, i tagli devono essere precisi e terminati sempre con la sega, dopodichè le superfici tagliate dovrebbero essere smerigliate con carta vetrata molto fine e protette con una passata di cianoacrilato (colla Attack) direttamente sulle “labbra” della sezione che siamo andati a segare, oppure da qualche giro di nastro isolante ben teso, onde evitare quei frastagliamenti che stanno all’origine del problema.
Dopo aver scartato un paio di canne con anelli e supporto per mulinello che avevo in casa, oltre ad una semplice ma in fibra carbonio e dunque inadatta in quanto elettricamente conduttiva, ho acquistato due canne in fibra di vetro lunghe 4m l’una, di tipo minimale, senza passanti nè altri accessori, le classiche telescopiche per la pesca “a lenza fissa”, alle quali ho provveduto a scorciare di circa 35 cm la parte in eccesso dell’ultima sezione telescopica, quella che in gergo si chiama “vettino”, oltre a tagliare via la protuberanza e il tappo in plastica filettata che si trovano in fondo alla canna e servono a chiuderne l’estremità inferiore e ad evitare che le sezioni telescopiche raccolte una dentro l’altra escano dal fondo quando la canna viene richiusa.
Per realizzare il vero e proprio elemento radiante, ho fatto passare del comune cavo elettrico per impianti civili da 1,5 mm quadrati all’interno delle canne, facendolo fuoriuscire dalle due rispettive coppie di estremità. Per facilitare il montaggio, tra le estremità superiori delle due canne ho lasciato i 3,64 metri di cavo che avrebbero costituito il terzo lato del loop (quello superiore) per non doverli estrarre dopo, con le canne già montate sui loro supporti. Ho provveduto quindi ad inserire il “manico” delle canne e le due estremità di filo che le attraversano sbucando dal fondo dentro ai due supporti in tubo di acciaio inox. Ho saldato le due estremità del loop in cavo da 1,5 mm quadrati rispettivamente al centrale e alla calza schermo del coassiale a 75 Ohm, avendo cura di collegare con un altro pezzo di calza lo schermo alla massa metallica del palo e della staffa in acciaio. Ho ricoperto tutti i giunti e tutte le saldature con del nastro autoagglomerante, uno speciale nastro a base gommosa che, se stirato e avvolto sul pezzo da proteggere facendo attenzione a sovrapporre ogni passaggio, si trasforma, dopo un po’ di tempo, in un unico ammasso flessibile, invalicabile per l’umidità e la pioggia e più duraturo nel tempo rispetto al comune nastro isolante. Ho provveduto a sigillare nello stesso modo anche le giunzioni rastremate fra le varie sezioni di canna, per evitare infiltrazioni in caso di pioggia.
Per realizzare l’adattatore di impedenza ho adoperato 2,73 metri di cavo coassiale da 75 Ohm, per la precisione dell’RG59, avvolto su uno spezzone di tubo di PVC per scarichi fognari, del diametro di una decina di centimetri e lungo poco più. Per fissare il cavo sul cilindro su cui è avvolto ho fatto un foro sul supporto di PVC stesso, a pochi centimetri dall’estremità, nel quale fatto passare dall’interno il coassiale che poi ho avvolto in circa 8 spire serrate usando il tubo stesso come supporto. Misurata la lunghezza dell’avvolgimento risultante ho fatto un altro foro sul supporto in PVC da cui ho fatto uscire l’altra estremità del coassiale RG59, intestata con un connettore PL femmina a cui collegare con il rispettivo connettore il normale coassiale a 50 Ohm verso la ricetrasmittente.
Come supporto per l’intera antenna ho adoperato un palo telescopico di acciaio della lunghezza di 3,80 metri quando tutto aperto. Per essere sincero, avevo pensato di adoperare un paio tubi di alluminio da 2metri e aventi diametri leggermente differenti tra loro, da inserire l’uno dentro l’altro e bloccare in qualche modo, ma mentre erravo per il reparto antenne del centro bricolage in cui mi sono servito, ho adocchiato questo bel palo telescopico, dall’aspetto ben più robusto e peraltro disponibile ad un prezzo inferiore rispetto ai tubi di alluminio che intendevo adoperare nel progetto iniziale.
Ho praticato due fori distanti tra loro 10 cm, a 5 cm dall’estremità superiore del suddetto palo, ai quali ho assicurato tramite bulloneria anch’essa inox la staffa con i tubi saldati di cui sopra. Ho sistemato provvisoriamente il palo dentro allo scasso di una vecchia base da ombrelloni in cemento, avente una massa senz’altro sufficiente a contrastare la forza di eventuali raffiche di vento e ad indolenzirmi mani e schiena durante lo spostamento della stessa dal pianerottolo fino al giardino dove l’ho piazzata.
Per accordare l’antenna ho collegato il rosmetro tramite uno spezzone di 90 cm di RG58 all’estremità del coassiale-adattatore di impedenza a 75 Ohm, quella intestata con il PL, poi ho collegato il rosmetro al mio ricetrasmettitore con altri 90 cm di RG58 e dopo aver tarato lo strumentino ho controllato il R.O.S., non senza difficoltà in quanto ero solo in giardino mentre dovevo premere il tasto del Push to Talk sul microfono per irradiare il segnale RF, reggere il trasmettitore e tenere fermo il rosmetro penzoloni per poter leggere sulla scala graduata. Per iniziare ho controllato il rapporto di onde stazionarie sul canale 10 della banda alta del mio Grant, ovvero 27525 KHz, trasmettendo in modalità FM per la quale la portante è sempre presente alla massima potenza disponibile anche senza modulazione e quindi la lettura del ROS non è falsata da picchi di modulazione generati dalla voce nel microfono, come avviene in SSB. Il ROS rilevato era superiore a 2, mentre scendeva a poco più di 1.5 spostandomi sul canale 20 della banda centrale, ovvero su 27205 KHz. Il loop risultava dunque un po’ troppo lungo rispetto alle frequenze su cui intendevo trasmettere e ricevere: bisognava aumentarne la frequenza di risonanza. Dopo aver tagliato prima circa 4 cm e successivamente ancora 3 cm di cavo dal lato superiore del delta, il rosmetro dava una lettura di circa 1.3 sul canale 1 della banda alta del mio apparato, ossia la frequenza di 27415 KHz, lettura che restava praticamente invariata scendendo di nuovo fino al canale 20 della banda centrale (27205 KHz). Quando si realizza un’antenna che andrà successivamente accordata, è bene lasciare l’elemento radiante qualche centimetro più lungo rispetto alle dimensioni ottenute dalle formule, in fase di taratura si rivelerà senz’altro più facile accorciarlo alle estremità che non doverlo allungare con qualche raffazzonamento. Ad ogni modo, dopo l’accordatura il rapporto onde stazionarie iniziava di nuovo a salire verso 1.5 solo intorno alle frequenze superiori al canale 12 della banda alta, ovvero sopra la universalmente nota 27555KHz utilizzata per le chiamate internazionali. Soddisfatto del risultato raggiunto e timoroso di far peggio nel tentativo di un’accordatura ancora migliore, mi sono goduto la mia antenna con la quale sono riuscito a ricevere chiaramente molti segnali che con la verticale non si potevano distinguere dal forte rumore e dai disturbi caratteristici della bassa banda CB, anche se l'antenna autocostruita da le massime prestazioni in polarizzazione orizzontale. Utilizzando questa antenna, la radio sembra quasi che abbia lo squelch attivato: selezionando un canale qualsiasi della banda bassa si sente un rumore così attenuato da apparire quasi innaturale, tant’è che mi sono domandato, appena ruotate le manopola del guadagno RF e del volume, se avessi collegato correttamente coassiale, adattatore d’impedenza e loop tra loro, dubbi subito estinti quando ho sentito una bella voce sul primo canale selezionato e alla quale ho ansiosamente chiesto responsi sull’ intensità del mio segnale e sulla qualità della mia modulazione, una volta appurato che il mio interlocutore trasmetteva da una stazione fissa della Sicilia e riusciva a ricevermi chiaramente, a sua detta con un segnale di S7.
Successivamente ho avuto conferma del buon funzionamento dell’insieme, ricevendo e trasmettendo con alcune stazioni della zona che con la verticale sul tetto non riuscivo a ricevere, se non in pochi casi in mezzo al QRM e con segnali appena percettibili anche portando al massimo la manopola del guadagno della radiofrequenza sul mio apparato ricetrasmittente.
Anche se ho costruito questa antenna principalmente per l’impiego nel traffico locale, niente vieta che altri interessati alla realizzazione possano adoperare la propria delta loop per collegamenti a media e lunga distanza: i risultati, come al solito, dipenderanno dall’ubicazione dell’antenna stessa, dalla bontà della sua realizzazione e successiva accordatura, nonchè dalla propagazione che, ci tengo a ricordarlo, in questo periodo è in aumento ed è destinata a crescere ancora nell’estate che arriverà a breve.
Spero di non aver annoiato gli utenti più esperti e tutti coloro che per passione o per lavoro hanno raggiunto un’esperienza tale da ritenere un articolo come questo superfluo o inutile. Ho fatto del mio meglio per non tralasciare nulla, conosco fin troppo bene la condizione del novizio e so quanto sia demotivante dover rinunciare a qualche progetto o realizzazione interessante perchè manca qualche dato essenziale o a causa di spiegazioni o descrizioni troppo superficiali.
Ho scritto volentieri questo primo articolo per condividere con altri un’esperienza che mi ha portato a buoni risultati, oltre che per offrire qualcosa a questo sito che tanto mi ha già dato, tra consigli, idee e soluzioni ai problemi che ho incontrato finora.
Attendo i consigli, le precisazioni e le critiche costruttive da parte di utenti più esperti di me, non c’è niente di meglio per integrare un articolo che forse mira più alla pratica che alla teoria, un lavoro che risulterà senz’altro ristretto, lesinato, rispetto alla vastità dell’argomento a cui ho inteso accennare ma che è stato pensato, lo ripeto, da un dilettante per altri dilettanti, non con lo scopo di racimolare livelli ma piuttosto di raccogliere e condividere consigli, pareri e soluzioni adottate, favorire lo scambio di idee e il miglioramento -si spera- reciproco.
Segue la lista del materiale che ho adoperato nella realizzazione ma che può essere tranquillamente sostituito con oggetti e parti simili in grado di assolvere allo stesso compito:
- 11 metri di comune cavo elettrico da impianti, con guaina di PVC da 1,5mm quadrati di sezione
- 1 staffa di acciaio con due supporti tubolari saldati le cui caratteristiche e dimensioni sono riportate nel testo
- 2 canne da pesca in fibra di vetro, lunghe 4m e senza anelli nè zoccolo per il mulinello, dal diametro massimo esterno minore al diametro interno dei tubi della staffa di cui sopra
- 1 palo telescopico di acciaio della lunghezza di circa 3,80 m alla massima estensione
- 2 viti di acciaio inox a testa esagonale, con filettatura M6 e lunghe 50mm
- dadi e rondelle inox abbinate alle viti
- 3m di cavo coassiale con impedenza di 75 Ohm tipo RG59
- 1 spezzone di tubo di PVC bianco da scarichi, di diametro 10cm e circa 20 cm di lunghezza
- 1 connettore PL femmina da saldare
- fascette a stringere in plastica, di lunghezza 40 cm
- nastro autoagglomerante
L’elenco degli utensili adoperati per la costruzione
- seghetto con lama per metalli
- forbici da elettricista
- trapano
- punta da trapano per metallo di diametro 6mm
- pinze
- chiavi per la bulloneria
- saldatore e stagno
- carta vetrata con grana 800
- colla cianoacrilica
Allego adesso una serie di foto scattate sia in fase di realizzazione che a montaggio ultimato, le quali valgono sicuramente più di mille parole.
Particolare della staffa imbullonata al palo telescopico. Mancano le rondelle alle viti.
Particolare dell'elemento radiante che fuoriesce dall'estremità superiore della canna.
L'adattatore d'impedenza in coassiale RG59 in attesa di essere montato sull'antenna.
Particolare dei collegamenti tra il coassiale e le due estremità dell'elemento radiante.
Le saldature ricoperte con nastro autoagglomerante. Da notare lo spezzone di calza collegato tra lo schemo del coassiale dell'RG59 e la massa metallica dell'antenna.
Particolare del connettore ricoperto di autoagglomerante e fascettato al palo dell'antenna.
Qui si collegherà la discesa di comune coassiale a 50 Ohm verso la radio.
L'insieme staffa-adattatore d'impedenza.
Rilevamento ROS in banda centrale. Notare il selettore della banda in basso a sinistra. Per la troppa luce non si legge il canale nell'indicatore a led a in basso a destra, ma la radio è in trasmissione e si vede dalla lancetta dello strumentino della radio.
Rilevamento ROS in banda alta. È presente il solito problema di eccessiva luce.
L'antenna finita e messa in opera. Il peso del coassiale verso la radio spostava il connettore dell'antenna e ho dovuto aggiungere altre fascette.
L'antenna finita e l'autore dell'articolo.
Pur confidando nella maturità e nel buon senso della maggior parte dei lettori di questo articolo, devo ricordare che la realizzazione di un’antenna come di qualunque altra cosa deve rispettare sempre e comunque un certo margine di sicurezza. Se ne mio caso l’antenna è sistemata in giardino e in seguito a forti venti potrebbe cadere a terra e al limite danneggiarsi, nel caso di un’installazione sopraelevata bisogna tener conto dell’altezza a cui si sistema la realizzazione e dei pericoli che ne conseguono, sia in fase di messa in opera che in quella di permanenza sul tetto. Un’antenna che cade da terra può rovinare al massimo il prato, un’antenna che cade da un tetto può essere pericolosissima per persone, animali e cose. In ogni vostra passione ricordatevi prima di tutto di tutelare sempre voi stessi e gli altri , facendo attenzione a operare con la massima attenzione.
L’autore dell’articolo non si assume alcuna responsabilità derivante da un uso illegale della realizzazione proposta, nonchè da possibili danni dovuti a cadute e impatti causati da una inadeguata collocazione e messa in opera della stessa.